LA VANITA' E' UN SOSPIRO NOTTURNO
Mostra Personale
LIBRERIA MASSENA 28
Via Massena 28 Torino
dal 15 marzo al 5 aprile 2008
Sono davanti, ancora una volta, alla nuova produzione di Giorgia Claire ed ancora una volta mi ritrovo innanzi alla ricerca interiore di un essere umano che esprime così la sua voglia di affermazione di un individualismo lontano da ogni generica pretesa di universalità.
Quasi un bisogno, sì, un bisogno di assoluto. Ma non di indistinta partecipazione ad una indifferenziata perfezione ma un semplice incontro con il suo Io.
E’ tutto un "....voglio rimanere libera....". Questo è quello che riecheggia davanti alle splendide tele. Libertà, un forte senso di libertà. Soprattutto libera di essere sé stessa.Opere dense di memoria. Ogni tela fa si che ogni traccia risulti sedimentata, assorbita e trasformata che si faccia struttura, insomma. I frammenti degli spazi che affiorano come un presente trascorso. A tratti come bagliori accecanti di un istante.Come un magma di fili che si diramano continuamente, la memoria persiste e continua, scava nel profondo per interpretare il fuori, il già visto da qualche parte.
L’informe in tal modo diventa forma; l’attualità riassume presente e passato; la memoria si inserisce nell’opera facendosi eco di uno stato d’animo che invoca un ideale futuro possibile. Sempre in bilico tra interno ed esterno, l’opera ascolta allora i rumori del silenzio in contrasto con il frastuono esterno.In questo contrasto, in questo apparente paradosso è insita la rarefatta magia del suo dipingere.Giorgia guarda i muri scrostati, gli intonaci slabbrati, evoca le ombre che si annidano negli angoli bui del suo Io. Una volta scoperti, aspetta che la luce irrompa dall’alto per frantumarne la compattezza, diradare le nebbie, sì da poter svelare i segreti che quelle ombre racchiudono. E come se volesse bloccare il tempo, anzi no, è come se volesse creare un campo d’azione per sconvolgere l’abituale trascorrere dei minuti, delle ore, delle stagioni.E’ proprio da quegli angoli bui che il calore si diffonde e si spande, sfuma come il contorno di un ricordo. E’ come ad evocare il complesso di Novalis, “sogna la calda intimità terrestre come altri sognano l’estensione del cielo”.Il suo linguaggio allude così ad un intricato e indefinito sbocciare di vita. Vita, che è l’unica cosa certa che l’artista possa avvertire perché egli stessa vi è coinvolta e trascinata. E con una lucidissima vertigine ne riversa gli esiti sulla tela.
Da buona alchimista, assembla, stratifica la materia dalle sue fibre nascoste traendo un sottile mosaico di impressioni poetiche evocative della realtà.Consapevole che la manualità è il solo processo che porti alla coscienza dell’arte, Giorgia attraverso la pittura descrive se stessa attraverso tensioni strutturali che poi lascia intuire con la grumosa pastosità della materia, con le sue rugosità e le sue scalfiture, con i segni che l’attraversano e gli addensamenti che ne accentuano la plasticità. E quando essa si stende per zona, quando si compatta(i bianchi coi neri, i gialli con l’arancio, i rossi) ecco le piccole lacerazioni che interrompono il percorso. Minuscoli crateri che si aprono come asole di luce ecco le bolle pronte ad esplodere. Incurante di un modernismo che troppo affrettatamente ha inteso accantonare la stagione dell’informale, Giorgia vive quindi la sua personale tradizione secondo i modi di una propria carica intellettuale traducendo le emozioni in pagine di quel vissuto che è il suo vissuto.Il lungo e lento lavoro di asciugatura della materia elabora poi il tutto, sì da rendere l’opera auto espressiva, aperta ad una infinità di orizzonti in cui le immagini si fanno metafora di problemi generali, ponendo in evidenza riflessioni sul senso dell’esistere e sul fluire del tempo.In questo modo raggiunge liberamente il suo intento tutt’altro che appiattito sul non finito gestuale e vivacizza l’insieme con l’effetto di un brulicare, fermentare e trepidare della materia. Il repertorio che ella ci consegna diventa dunque un repertorio carico di suggestioni e di pulsioni emotive.Ognuno di noi potrà vi si potrà agganciare, ognuno di voi potrà riconoscersi.
Quasi un bisogno, sì, un bisogno di assoluto. Ma non di indistinta partecipazione ad una indifferenziata perfezione ma un semplice incontro con il suo Io.
E’ tutto un "....voglio rimanere libera....". Questo è quello che riecheggia davanti alle splendide tele. Libertà, un forte senso di libertà. Soprattutto libera di essere sé stessa.Opere dense di memoria. Ogni tela fa si che ogni traccia risulti sedimentata, assorbita e trasformata che si faccia struttura, insomma. I frammenti degli spazi che affiorano come un presente trascorso. A tratti come bagliori accecanti di un istante.Come un magma di fili che si diramano continuamente, la memoria persiste e continua, scava nel profondo per interpretare il fuori, il già visto da qualche parte.
L’informe in tal modo diventa forma; l’attualità riassume presente e passato; la memoria si inserisce nell’opera facendosi eco di uno stato d’animo che invoca un ideale futuro possibile. Sempre in bilico tra interno ed esterno, l’opera ascolta allora i rumori del silenzio in contrasto con il frastuono esterno.In questo contrasto, in questo apparente paradosso è insita la rarefatta magia del suo dipingere.Giorgia guarda i muri scrostati, gli intonaci slabbrati, evoca le ombre che si annidano negli angoli bui del suo Io. Una volta scoperti, aspetta che la luce irrompa dall’alto per frantumarne la compattezza, diradare le nebbie, sì da poter svelare i segreti che quelle ombre racchiudono. E come se volesse bloccare il tempo, anzi no, è come se volesse creare un campo d’azione per sconvolgere l’abituale trascorrere dei minuti, delle ore, delle stagioni.E’ proprio da quegli angoli bui che il calore si diffonde e si spande, sfuma come il contorno di un ricordo. E’ come ad evocare il complesso di Novalis, “sogna la calda intimità terrestre come altri sognano l’estensione del cielo”.Il suo linguaggio allude così ad un intricato e indefinito sbocciare di vita. Vita, che è l’unica cosa certa che l’artista possa avvertire perché egli stessa vi è coinvolta e trascinata. E con una lucidissima vertigine ne riversa gli esiti sulla tela.
Da buona alchimista, assembla, stratifica la materia dalle sue fibre nascoste traendo un sottile mosaico di impressioni poetiche evocative della realtà.Consapevole che la manualità è il solo processo che porti alla coscienza dell’arte, Giorgia attraverso la pittura descrive se stessa attraverso tensioni strutturali che poi lascia intuire con la grumosa pastosità della materia, con le sue rugosità e le sue scalfiture, con i segni che l’attraversano e gli addensamenti che ne accentuano la plasticità. E quando essa si stende per zona, quando si compatta(i bianchi coi neri, i gialli con l’arancio, i rossi) ecco le piccole lacerazioni che interrompono il percorso. Minuscoli crateri che si aprono come asole di luce ecco le bolle pronte ad esplodere. Incurante di un modernismo che troppo affrettatamente ha inteso accantonare la stagione dell’informale, Giorgia vive quindi la sua personale tradizione secondo i modi di una propria carica intellettuale traducendo le emozioni in pagine di quel vissuto che è il suo vissuto.Il lungo e lento lavoro di asciugatura della materia elabora poi il tutto, sì da rendere l’opera auto espressiva, aperta ad una infinità di orizzonti in cui le immagini si fanno metafora di problemi generali, ponendo in evidenza riflessioni sul senso dell’esistere e sul fluire del tempo.In questo modo raggiunge liberamente il suo intento tutt’altro che appiattito sul non finito gestuale e vivacizza l’insieme con l’effetto di un brulicare, fermentare e trepidare della materia. Il repertorio che ella ci consegna diventa dunque un repertorio carico di suggestioni e di pulsioni emotive.Ognuno di noi potrà vi si potrà agganciare, ognuno di voi potrà riconoscersi.
Cataldo Panorama